lunedì 17 settembre 2012

PIU' SANGUE PULITO NELLE ARTERIE DELLA DEMOCRAZIA



                    
    Ovvero: LA STORIA SI RIPETE COME LA RIVOLUZIONE DEI PIANETI

   Centocinquant'anni fa, mentre nel popolo francese fermentava la ribellione verso la monarchia che si preoccupava dei privilegi di pochi ricchi a danno di molti poveri, Victor Hugo pubblicava uno dei suoi eccellenti romanzi: Les Miserables (I Miserabili).
Quel fermento, nel popolo francese, produsse la prima Rivoluzione Francese, e la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino. Nei successivi decenni, le altre rivoluzioni sfociarono in quel Quarantotto che provocò l'abbattimento delle monarchie di mezza Europa.

   Se nel passo che segue cambiassimo alcuni nomi citati da Hugo, con quelli di notissimi personaggi italiani contemporanei, si potrebbe pensare che questo articolo l'abbia scritto, nei giorni nostri, un giornalista o uno scrittore che è sdegnato per un generale atteggiamento di arrogante arrivismo diffuso in tutto il paese; esempio dato, soprattutto, da personaggi da noi innalzati ( con il consenso o col silenzio ) agli scanni più alti delle istituzioni, soprattutto della politica. Una politica che se ne infischia dei problemi del popolo, perché sa che la maggior parte dei cittadini sono come loro: pensano soltanto al proprio arrivismo e al bene personale.

                        Tratto dalla Prima Parte dei Miserabili (1862)
Viviamo in una triste società, nella quale ci piomba addosso goccia a goccia dalla corruzione un solo insegnamento: riuscire.
Diciamolo pure en passant: ciò che si chiama successo è cosa orrida per la sua falsa somiglianza con il merito, e inganna gli uomini. Per la folla, la riuscita ha quasi lo stesso aspetto della supremazia. Il successo questo sosia del talento inganna anche la storia. Giovenale e Tacito soltanto ne dubitavano. Ai nostri giorni una filosofia quasi ufficiale è entrata al servizio del successo, porta la sua livrea e ne sorveglia l'anticamera. La teoria è: riuscita. Prosperità presuppone capacità. Vincete un terno, passerete per uomo abile. Chi trionfa è venerato. Nascere con la camicia, qui sta il segreto. Abbiate fortuna, e dormite. Siate felici, e vi si crederà grandi. All'infuori di cinque o sei eccezioni immense che fanno luce di un secolo, l'ammirazione contemporanea non è altro che miopia. Si scambia l'orpello per oro. Essere il primo venuto non guasta: purché si sia arrivati. Il volgare è un vecchio Narciso che adora se stesso e applaude al volgare. Quella facoltà divina per la quale si è Mosè, Eschilo, Dante, Michelangelo, Napoleone, la moltitudine l'attribuisce di primo acchito e per acclamazione a chiunque arrivi al suo scopo in qualsiasi cosa. Che un notaio si trasformi in deputato, che un falso Corneille faccia un Tiridate, che un eunuco giunga a possedere un harem, che un Prudhomme militare vinca per caso una battaglia decisiva, che un farmacista inventi le suole di cartone per l'esercito di Sambreet-Meuse e si procuri con quel cartone venduto per cuoio quattrocentomila franchi di rendita; che un merciaio sposi l'usura e faccia partorire sette o otto milioni di cui lui è il padre e lei la madre, che un predicatore diventi vescovo per la sua voce nasale, che un maggiordomo di una casa nobile esca così ricco dal suo servizio che lo si faccia ministro delle finanze, gli uomini chiamano questo, Genio; come chiamano Bellezza la faccia di Mousqueton e Maestà il muso di Claudio.
Il mondo confonde le stelle disegnate dai piedi delle anatre sul fango con le vere stelle che brillano nella profondità del cielo...
Non era un commento al romanzo, ma una riflessione sul popolo dell'epoca.
   La storia dei popoli si ripete periodicamente come la rivoluzione dei pianeti, e genera altre rivoluzioni che servono a livellare le disparità che l'interesse privato, unito all'arrivismo e alla corruzione, produce a danno dell'interesse comune. Quindi, ad ogni epoca, sarebbero necessarie le ribellioni di massa. Ribellioni non necessariamente violente. Penso che nell'epoca in cui viviamo sarebbe possibile una rivoluzione democratica: basterebbe dare il nostro consenso (soprattutto quello elettorale) solo a chi non si è mai macchiato di ladrocinio e corruzione. Se questa possibilità ancora in futuro non ci venisse data, avrei un'altra idea: inserire all'interno della scheda elettorale (ma se ciò invalidasse il voto, consegnarlo al presidente del seggio ) un foglio con i nomi di corruttori e scippatori di popolo conosciuti personalmente o conclamati pubblicamente, invitandoli ad espatriare in un'isola senza Stato, dove si possano liberamente derubare, frodare e scannare tra loro. Un solo nome potrebbe apparire come una personale vendetta, ma se quel nome fosse ripetuto migliaia di volte, diventerebbe: Vox populi, vox Dei. E, per tornare alla storia, scriveva Catone qualche secolo a.c., più o meno così:”I ladri di beni privati passano la vita in carcere e in catene, quelli di beni pubblici nelle ricchezze e nelle alte cariche”. La storia si ripete!
Ma le responsabilità non sono soltanto di chi amministra: senza una buona educazione civica non è possibile una sensibilizzazione verso un interessamento e un controllo sulla cosa pubblica. Finché ciò che riteniamo appartenerci finisce sulla soglia di casa nostra, le frodi allo stato e alle cose comuni non ci indignano a sufficienza. Chissà  se molti di noi, al loro posto, farebbero lo stesso?
Per attuare una vera ribellione contro chi ci governa (dall'amministratore di condominio al presidente del consiglio), dovremmo prima ribellarci contro noi stessi che permettiamo questi abusi. Non esiste popolo, con un sistema di democrazia che funzioni, che non se lo sia costruito con impegno, fatica, e a volte, purtroppo, anche con il sangue. Ma a proposito di sangue: qualcuno pensa che non andare a votare sia una forma di rivoluzione. Voglio urlare di dolore per questa sciagurata soluzione: è non far più affluire sangue nelle arterie della Democrazia.

mercoledì 9 maggio 2012

CONSUMISMO e UTILITARISMO

Consumatori, è l'aggettivo con cui veniamo chiamati noi cittadini in questa società che fagocita e mal digerisce tutto ciò che il sistema propone e impone. Sia che compriamo un cespo di insalata o un vestito; quando commissioniamo un automobile o un viaggio, veniamo quasi sempre denominati consumatori. Essere definito consumatore di cose o servizi, utili o futili che siano, non mi piace perché mi fa pensare ad una macchina che è stata costruita per distruggere qualcosa; preferisco essere chiamato utilizzatore: questo termine, invece, mi dice che di qualcosa sono il beneficiario.
Diceva Cartesio nel “ Discorso sul Metodo” che, per capire la dinamica delle cose, bisogna penetrare nell'intimità di esse. Per poter comunicare meglio e con chiarezza il motivo per cui vorrei che in molti casi venisse sostituito il vocabolo consumatore con quello di utilizzatore, ho dovuto consultare alcuni dizionari della lingua italiana, cercando anche i sinonimi e i contrari delle due parole. Osservandoli col metodo cartesiano , si scoprono aspetti sorprendenti.
                                                     CONSUMISMO
Consumismo, Dizionario enciclopedico Le Lettere:  Tendenza, favorita dalla pubblicità, al soddisfacimento di bisogni non essenziali, tipica della «civiltà dei consumi».
 Wikipedia: consumismo è un termine usato per descrivere gli effetti dell'identificazione della felicità personale con l'acquisto, il possesso e il consumo continuo di beni materiali, generalmente favorito dall'eccessiva pubblicità. È associato spesso con le critiche al consumo a partire Karl Marx e Thomas Veblen.
Enciclopedia Larousse, consumismo: Tendenza, tipica della società moderna e sostenuta dalla pubblicità, al consumo veloce di beni e servizi.
Sinonimi di consumare: affaticare, buttare, corrodere, erodere, dilapidare, degradarsi, rovinarsi, diminuire, disperdere, esaurire, finire, impoverire, indebolire, logorare, rosicchiare, scaricare, scialacquare, sperperare, spossare, sprecare, distruggere, tormentare, travagliare, passare, sciupare, assorbire, bruciare, dissipare, usurare, spendere, consumarsi, guastarsi, sfiancare, stremare, stressare, depauperare, immiserire, debilitare, nuocere, deteriorare, estenuare, snervare, svigorire, rovinare, scassare... 
Contrari: aumentare, conservare, mantenere, razionare, ricaricare, risparmiare, serbare, rimpinguare, rimpolpare, ingrassare, far durare, dosare, misurare, accantonare, accumulare, custodire...
                                                           UTILITARISMO 
Dizionario enciclopedico Le Lettere, utilitarismo: Termine coniato nel 1861 da Stuart Mill per indicare una dottrina filosofica che considera come supremo principio morale l'utilità non identificata nel benessere del singolo, ma nel maggior benessere di tutti... 
Wikipedia, utilitarismo (dal latino utilis, utile) è una dottrina filosofica di natura etica per la quale è “bene”(o giusto) ciò che aumenta la felicità degli esseri sensibili. Si definisce perciò utilità la misura della felicità di un essere sensibile.
Enciclopedia Larousse, utilitarismo: Sistema filosofico che pone l'interesse particolare o generale come fine di tutte le azioni.
Sinonimi di utilizzare: adoperare, usufruire, servirsi, impiegare, valersi, avvalersi..., Contrari: Perdere, buttar via, dissipare, gettare al vento, gettare dalla finestra, rovinare, sciupare,sprecare, ammassare, incettare... 

Mi sembra troppo palese che io, se consumatore, compio un'azione negativa: mi affatico, butto, corrodo, dilapido, rovino, distruggo...; mentre, se utilizzatore, compio un'azione di significato positivo: adopero, usufruisco, mi servo, mi avvalgo...
Leggendo il significato, i sinonimi e contrari dei due termini si è rafforzata la mia convinzione che il vocabolo consumatore dovrebbe essere usato soltanto in casi che rispecchino il suo senso negativo; al contrario, trovo che il termine più appropriato e corretto sia utilizzatore, perché fa emergere che, dal bisogno di nutrirsi, vestirsi, divertirsi..., si trae godimento per l'esistenza, e non sofferenza per l'azione che evoca il distruggere, corrodere, dilapidare, nuocere, rovinare...
Se, come recitano alcuni dizionari sul consumismo, il possesso e il consumo continuo di beni materiali o consumare molto e veloce, produce nel tempo senso di insoddisfazione e non porta benessere collettivo, ma al contrario aumenta il malessere generale, vuol dire che c'è qualcosa da rivedere nei nostri comportamenti consumistici. Forse dovremmo ritornare a essere utilizzatori di beni e servizi e non distruttori di essi.

mercoledì 21 marzo 2012

IMPARARE A CONSUMARE I RIFIUTI



         PER RIFIUTARE LA SOCIETÀ DEI CONSUMI,
         DOBBIAMO IMPARARE A CONSUMARE I RIFIUTI.


Gli anni del boom economico hanno fatto sognare, non solo ai ricchi, ma anche ai poveri, un futuro che sarebbe somigliato ad una lunga festa. E in realtà la festa c'è stata, anche se non proprio per tutti. Ma, come può capitare nell'allegria collettiva, qualcuno dai festeggiamenti ne esce poco sobrio; è necessario, dopo l'eccitazione e il giubilo, un abbondante periodo di riposo fisico e mentale per rimettersi in sesto. 
Quando l'ubriacatura, però, colpisce un intero popolo, non basta solo un periodo di riposo: bisogna ripulire l'intero Paese dai rifiuti che la festa ha prodotto. Insomma, bisogna ricominciare a credere in un altro sogno: dopo l'esperienza negativa, puntare ad una società più equilibrata, magari più povera materialmente, ma con un indice più alto di soddisfazione. Cosa non facile da attuare, perché con la pancia piena e la mente offuscata dai festeggiamenti rimane difficile persino sognare.
Questo è quello che ci ha lasciato il boom economico: Un popolo “ubriaco” di un illusorio benessere, che fa fatica a ripulirsi dagli “escrementi della festa”. La gioia, l'allegria e le promesse del benessere per tutti ci hanno trascinati dalla millenaria logica dell'usa e riusa finché è utilizzabile, a quella dell'usa, getta e ricompra. 
Questo sistema ci ha abituati a consumare il necessario, l'utile, l'inutile , il superfluo e persino il dannoso; sistema giustificato dall'industria e dalla politica (purtroppo condiviso anche da noi tutti), necessario ( dicevano) per mantenere posti di lavoro.
Questa logica non solo non ha mantenuto i posti di lavoro, ma ha trasformato l'uomo da beneficiario dei frutti del proprio lavoro, a strumento per accrescere i consumi. In altre parole, abbiamo costruito un sistema che, mettendo il solo profitto come supremo scopo, ha trasformato l'essere umano a servitore e macchina per produrre e consumare; inserendolo come un ingranaggio in un sistema che lo degrada, impietosamente, da fine a mezzo.
Questo decadimento non ha colpito solo chi produce, ma l'intera società, compreso coloro che il sistema lo hanno pensato, progettato e attuato.
A parte qualche inebriato di danaro, che non si accorge nemmeno in quale angolo della terra vive, tutti noi altri stiamo vivendo una specie di “sindrome dell'infelicità”, che sarà molto lunga da curare.
Una società che persevera su questa strada, farà la fine di un'automobile che, se pur di poco, aumentando in modo costante la velocità di marcia, non può che andarsi a schiantare: è solo questione di tempo. E come se un cuoco in mancanza di materie prime, per non rinunciare al guadagno, arrivasse a cucinare una parte del proprio corpo.
Per poter cambiare questo modo di vivere, è necessario operare dei cambiamenti sostanziali. Il primo passo è quello di essere consapevoli che non è possibile continuare a produrre per un consumismo insostenibile; poi, capire che è impossibile rovesciare in poco tempo un sistema così radicato. Quello che è possibile fare subito è convincerci di voler invertire questa tendenza. Per cominciare è necessario imparare e, dove è possibile, insegnarlo ad altri, a consumare anche materie e oggetti ancora in buono stato, riutilizzabili o riconvertibili ad altro uso; in poche parole prima di poter rifiutare la società dei consumi dobbiamo imparare a consumare rifiuti.

Penso che dovremmo convertire una parte delle nostre fatiche, non più per beni materiali ma per un “sorriso in più”; un sorriso che non duri giusto il tempo di scartare un nuovo costoso e inutile oggetto che finirà, insieme a tanti altri, in soffitta o in discarica; un sorriso che ci porteremo con noi e per noi per lungo tempo, con il fine di contagiare altri.

Questo articolo, che apparirà anche su un altro mio blog: http:/artedelriutilizzo.blogspot.it/ è,  la presentazione di un lavoro che pubblicherò prossimamente (che forse diventerà anche un libro) , dove dimostro, con foto e descrizione le cose realizzate con materiali raccolti in discarica; spiegando come si possono riutilizzare moltissime delle cose che attualmente si buttano; e come si può convertire manodopera in attività molto più creative di una spersonalizzante, e spesso alienante, catena di montaggio.
                                                                                                   Francesco Corradino

mercoledì 21 dicembre 2011

QUALCHE GOCCIA DI LUCE


     In questi giorni, per manifestare la più grande festa religiosa del Paese, quasi tutte le case ( dentro o fuori), brillano di festoni con mille ritmi che, visti nell'insieme, danno l'idea di avere un direttore che ne dirige il sincronismo.
Personalmente penso che ci sia molta festa e poca religiosità. Ma, come ripeteva spesso uno dei personaggi del mio primo romanzo, “le cose non sono sempre come sembrano” e, anche se la festa non è solo espressione di religiosità, lo stesso produce qualcosa di straordinario che può definirsi “miracolo”, cioè cosa meravigliosa, da mirare.

    É veramente emozionante pensare che ognuno ( piccola goccia), può contribuire a rendere la festa più “luminosa”, agendo in modo autonomo sul pensiero comune di augurare ad amici, parenti, semplici conoscenti e passanti, l'augurio di buone feste, con la semplice esposizione di una luminaria.
Penso che il “miracolo” stia nell'idea; cioè nel potere che ogni individuo ha di produrre con la propria, piccola, piccolissima energia, una sinergia più grande convergente in un unico fine comune, capace di agire per toccare qualcos'altro: l'animo umano.

   Questa breve premessa non soltanto per fare a tutti un augurio di buon Natale ( come molti sanno, nel mio credo non c'è Cristo come figlio di Dio), ma per esaltare il miracolo dell'idea di Cristo, condivisa da credenti e non credenti: unire milioni di esseri in un unico progetto di pace e fratellanza, cosa di cui in questo momento storico abbiamo proprio bisogno.
Questo è ciò che voglio augurare ad amici, parenti, conoscenti e semplici passanti, oltre che: Buone feste!

Francesco Corradino

giovedì 23 giugno 2011

L'ACQUA LIBERA COME L'ARIA, SOGNO O UTOPIA?

Un mio grande sogno si realizzerà quando tutti gli esseri umani potranno dissetarsi liberamente ad una fonte libera. Quando in ogni angolo della terra abitata ci saranno fontane con acqua potabile, dove tutti, anche senza danaro in tasca, si potranno dissetare ed attingere acqua per i bisogni essenziali.
Sono consapevole che la mia può sembrare utopia. Ma la storia ci insegna che lo era anche quella di tanti altri “utopistici sognatori”: tutti coloro che, col tempo e con l'aiuto di altri , hanno elaborato e realizzato cose che sembravano impossibili portare a termine; coloro che credendo alle loro “utopie” hanno dato un contributo alla crescita e alla realizzazione del così detto mondo civilizzato. Un mondo irrefutabilmente avanzato in arte, tecnologia e ricchezza, ma iniquo in quello che i Francesi, con la Rivoluzione, misero al primo posto nelle basi della Costituzione: Égalité.
  
Se nella parola utopia, facciamo cadere l'accento sulla o , diventa: “La città perfetta” dell'umanista Tommaso Moro, oggi venerato come santo anche dalla Chiesa Cattolica. Tommaso Moro inventò il termine utòpia, con cui chiamò un'immaginaria isola dotata di una società ideale, di cui descrisse il sistema politico nella sua opera più famosa, appunto "L'utopia”. Un posto dove un mondo migliore è possibile, anche se laborioso da realizzare. In un'altra epoca (intorno al 380 a.c. ), Platone nei suoi scritti “La Repubblica”, idealizzava un mondo più giusto possibile, se tutto ruotasse su due perni fondamentali: la legalità e la giustizia.
Alcuni paesi della nostra penisola, che per molta parte dei suoi confini sprofonda nell'acqua e spesso dall'acqua alcune zone vengono trascinate a valle dalle alluvioni, soffrono la mancanza di questo elemento fondamentale per l'utilizzo quotidiano; arrivando a penose situazioni, dove l'erogazione di acqua (nemmeno potabile) avviene due, tre volte alla settimana per poche ore.
Mi rimane difficile definire civiltà una società che priva qualcuno di un bene così indispensabile alla vita, peraltro molto abbondante sulla Terra.
Dato che buona parte del mio reddito viene trattenuto come tasse, delle quali una parte serve a pagare gli stipendi di chi dovrebbe, ma non sempre mi assicura la fruizione dei miei diritti; con un pizzico di ironia mista a rabbia potrei domandarmi: « Chi mi priva di questo bene, attenta alla sicurezza della mia vita? ».
Per realizzare questa “utopia”, secondo me, non serve privarsi né dell'utile né dell'inutile. Basterebbe solo destinare all'acqua una parte di quello che si spreca per il superfluo, spacciato per utile, di cui buona parte dei popoli occidentali fa largamente uso. O, comunque, applicare un pensiero di Tommaso Moro che recita: “Non tutto quello che è utile è giusto”.
Pretendere che il poter bere acqua venga collocato, nella scala dei valori, al pari del poter respirare aria, sarebbe dovere di tutti i cittadini, perché sono due elementi entrambi indispensabili per il diritto alla vita.
                                                                                   Francesco Corradino

lunedì 11 aprile 2011

ACQUA, ARIA, TERRA, ENERGIA: LIBERI E NON RADIOATTIVI!


 AI PROSSIMI REFERENDUM GRIDIAMO FORTE:
 ACQUA, ARIA, TERRA , ENERGIA, LIBERI E NON RADIOATTIVI!


Mentre scrivevo questo articolo: STRAPPIAMO IL NOSTRO FUTURO DALLE MANI DI CHI CI MAL GOVERNA, un amico mi ha inviato questa email:

RIPRENDIAMOCI IL NOSTRO FUTURO
Non è una questione di destra o di sinistra ma di buon senso.300 milioni di euro, 5 euro per ogni italiano vivente: è il costo del mancato accorpamento dei referendum alla data delle elezioni amministrative.
La decisione, chiaramente presa nella speranza di non far raggiungere il quorum ai referendum, è di per sé scandalosa, ma lo è ancor di più se rapportata alle polemiche di questi giorni sul costo che avrebbe avuto la festa una-tantum del 17 marzo: polemiche che hanno avuto effetto, visto che per risparmiare ci hanno tolto un giorno di ferie. Quindi, riassumendo: per la festa dell’Unità d’Italia, l’Italia non ha un soldo, (lo hanno detto la Lega e la Confindustria) e la festa è gentilmente finanziata dai lavoratori, invece per evitare l’Election Day l’Italia è ricca, talmente tanto da poter buttare dalla finestra 300 milioni di euro. (quante cose si potrebbero fare con quella cifra!) In attesa di prese di posizione di Lega e Confindustria anche su questo argomento (ma, chissà perché, non ci credo molto…) ci rimane una sola cosa da fare: andare a votare ai referendum su nucleare, acqua e immunità (ti sembra poco?) e soprattutto invitare il maggior numero di persone a farlo, amici, parenti, conoscenti, così da raggiungere il quorum e dare il chiaro messaggio a questi imbroglioni e affaristi che ci governano che non bastano questi mezzucci per tacitare il popolo italiano. Prendiamoci il nostro futuro e smettiamo di delegarlo a loro. Intanto, se sei d’accordo con tutto questo e sei dunque indignato come me, fai girare questo messaggio. E' SOLO UNA QUESTIONE DI BUON SENSO”.

Non so chi sia l'autore di questo messaggio, ma dato che, come recitano i titoli, i due concetti viaggiano in binari paralleli con egual finalità, ho pensato di pubblicarli insieme.
É mia convinzione adempiere quell'antichissimo proverbio che recita: l'unione fa la forza. Principio sempre contrastato da chi, per non perdere il potere, adotta quello contrario: dividi e comanda.
          
            STRAPPIAMO IL NOSTRO FUTURO DALLE MANI DI CHI CI MAL GOVERNA
L'Italia, mal governata nei principi dell'uguaglianza, ha bisogno di un nuovo rinascimento. Un movimento, come quello diffusosi nella metà del secondo millennio, capace di riportare un rinnovamento positivo in chiave moderna non solo nella politica, ma nei costumi, nello stile, nel rispetto delle regole, nell'apprendere dal passato la lezione per non ripetere gli stessi errori.
L'Italia avrebbe bisogno di un governo che abbandoni il concetto irrealizzabile, quanto giusto, di togliere ai ricchi per dare ai poveri. Ci hanno già provato alcuni governi , ma non è realizzabile, è come se un agnello volesse togliere un pezzo di carne dalla bocca di un leone per darlo ad un cane affamato. Non dobbiamo, però, nemmeno permettere quello di togliere ai poveri per elargire ai già ricchi, cosa che purtroppo avviene puntualmente ogni qualvolta si ventola una crisi economica.
Per “rinascere” c'è bisogno di garantire a tutti, con particolare attenzione per chi ha poco, i sacrosanti diritti che la carta costituzionale (art. 2, 3 e 36), e la dichiarazione dei diritti dell'uomo, si prefiggono; cioè, mettere il leone dentro dei perimetri ben definiti e farglieli rispettare, in modo che nessuno faccia la fine dell'agnello.
Il singolo cittadino, rispettoso delle regole, che vuole contribuire a determinare le sorti del futuro, oltre alla semplice contestazione (anch'essa sacrosanta) ha molti modi per far valere i propri diritti: manifestare quello che pensa in qualunque modo sancito dall'articolo 21 della Costituzione. Ma il più importante dei diritti/doveri è il VOTO.
Andare a votare non è solo un dovere. É soprattutto un diritto.
Non lasciamo nelle mani di pochi la sorte nostra e dei nostri figli. Facciamo in modo che chi ci governa abbia la vera maggioranza dei consensi, e non solo la maggioranza di coloro che devono decidere anche per chi volontariamente si priva del diritto di scegliere.
Andiamo sempre a votare. Non facciamo diventare questo strumento di democrazia una azione da compiere solo se in quell'ora non abbiamo di meglio da fare, o se qualche “amico” ce lo chiede come favore.
Utilizziamo sempre lo strumento del referendum per poter abolire, se è il caso, alcune leggi che non condividiamo. E soprattutto ai prossimi referendum, nell'intimità della cabina elettorale, gridiamo forte:        ACQUA, ARIA, TERRA, ENERGIA, LIBERI E NON RADIOATTIVI!
                                                                                                                     Francesco Corradino

Art. 2 della Costituzione Italiana:
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.


Art. 3 della Costituzione Italiana:
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Art. 21 della Costituzione Italiana:
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.


Art. 36 della Costituzione Italiana:
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.

venerdì 4 febbraio 2011

ONORI AL TRICOLORE E AI CADUTI

    Anch'io voglio fare la mia parte! So di essere una goccia di un immenso oceano, ma con il tuo contributo, nel cercare altre gocce e nel divulgare questo pensiero, diventeremo un numero sufficiente per dissetare il desiderio di una ITALIA SEMPRE UNITA, ma non radioattiva.
                                      

                                                  CHI L'HA VISTA?
     In tutte le feste nazionali sventola dal balcone di casa mia, quasi solitaria, la bandiera tricolore. In questa speciale ricorrenza del CENTOCINQUANTENARIO mi aspettavo che non fosse più da sola.

     Voglio fare un elogio a tutti i comici d'Italia (esclusi i “buffoni” ) che spesso sollevano per qualche ora il morale degli italiani. Un particolare ringraziamento al divertente, quanto colto, Roberto Benigni che con il suo patriottismo ha portato compagnia al mio tricolore.
L'indomani della sua esegesi sull'inno di Mameli, ho visto sventolare in tanti altri balconi quelle bandiere che avevo visto esporre solo in occasioni sportive. Ma è una ben misera consolazione perché non riesco a comprendere come un popolo si possa dimenticare di coloro che “dormono sulla collina”, morti ammazzati per creare e difendere quel tricolore che a tutti ha migliorato l'esistenza. A ricordarcelo, perché ne avremmo bisogno, non dovrebbero essere solo i personaggi di spettacolo, ma sarebbe soprattutto dovere dei politici, quelli che ogni giorno si riempiono la bocca nel dire di voler fare cose per il bene del Paese.
     In ogni bandiera tricolore, senza altri emblemi, che sventola sui balconi delle nostre case, c'è uno di quei giovani che ha sacrificato la vita in suo nome e per noi che ci dice:

      “Grazie di ricordarti di me, anche se ogni cinquant'anni. Mi dispiace per coloro che, pur vivendo in una società dove tutti consumano anche il superfluo, non possono sacrificare tre euro (il costo del drappo) per dimostrare che si ricordano di noi. O forse pensate che la nostra vita valeva meno?”


 

    APPELLO! 

Se avete una bandiera abbandonata in un luogo buio della vostra casa, possibilmente senza altri emblemi, mettetela in un angolo luminoso del vostro cuore: sono certo che sventolerà per tutti coloro che per essa “riposano sulla collina”.

                                                                                                  Francesco Corradino